Esiste una legge che stabilisce a partire da quale orario della giornata non si può più fare rumore dentro la casa in condominio?

 

Non esiste una norma di legge che individui orari prestabiliti entro cui va rispettato il riposo delle persone; salvo che il regolamento di condominio non disponga diversamente – stabilendo precise pause orarie entro le quali si considerano interdette determinate attività (come per esempio, le esercitazioni allo strumento musicale dei figli) – l’unico vincolo da rispettare, in qualsiasi fascia della giornata, è la cosiddetta “normale tollerabilità” dei rumori (o, per dirla con le parole del codice civile, le “immissioni rumorose”).

 

Ovviamente, in questo la legge lascia ampio spazio al giudice di definire cosa si possa considerare “normalmente tollerabile” e cosa, invece, non lo sia. E, di certo, il momento del giorno in cui il rumore viene propagato è certamente importante per definire anche la tollerabilità del rumore stesso. È chiaro, per esempio, che un frullatore o un asciugacapelli acceso puntualmente alle 3 di notte può essere molesto più di quanto non lo sia a mezzogiorno.

 

In genere, il giudice nomina un consulente tecnico che, con una perizia fonometrica, valuti se un determinato rumore sia tale da recare disturbo ai condomini.

Secondo tuttavia la Cassazione, la perizia non è necessaria e il giudice è libero di basarsi su altri elementi acquisiti come prove agli atti del processo, se questi sono sufficienti a convincerlo che vi sia stato il superamento dei limiti di tollerabilità [1].

 

La valutazione del criterio della normale tollerabilità viene, di norma, effettuata con parametri riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti.

È del tutto irrilevante l’eventuale assuefazione di altre persone, che abbiano giudicato non molesti i rumori stessi.

 

In ogni caso, si ritiene che i rumori o i suoni provenienti da altre unità immobiliari si possano considerare di disturbo delle normali attività materiali e intellettuali quando superano il rumore di fondo riscontrabile in una data abitazione di oltre tre decibel [1].

 

Quello dei “tre decibel”, dunque, è l’unico riferimento certo che le aule dei tribunali conoscono. Peraltro va anche considerata, in questo, la consistenza delle pareti dello stabile che potrebbero certo agevolare, se non insonorizzate correttamente, la propagazione dei rumori.

 

Attenzione: il numero dei soggetti “disturbati” è un elemento essenziale per comprendere se scatta il reato di disturbo del riposo delle persone o meno. Infatti, se i rumori intollerabili disturbano una cerchia indeterminata di persone allora scatta il penale (per es.: sarebbe difficile stabilire, in un centro storico, quante famiglie possano essere disturbate da un locale notturno). Diversamente, quando le vittime siano una o più persone individuabili (per esempio i proprietari degli appartamenti confinanti) resta in piedi solo la tutela civilistica del risarcimento del danno.


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[1] Cass. sent. n. 3000/1997.

[2] Cass. sent. n. 10735 del 3.08.2001.

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Esiste una legge che stabilisce a partire da quale orario della giornata non si può più fare rumore dentro la casa in condominio?

 

Non esiste una norma di legge che individui orari prestabiliti entro cui va rispettato il riposo delle persone; salvo che il regolamento di condominio non disponga diversamente – stabilendo precise pause orarie entro le quali si considerano interdette determinate attività (come per esempio, le esercitazioni allo strumento musicale dei figli) – l’unico vincolo da rispettare, in qualsiasi fascia della giornata, è la cosiddetta “normale tollerabilità” dei rumori (o, per dirla con le parole del codice civile, le “immissioni rumorose”).

 

Ovviamente, in questo la legge lascia ampio spazio al giudice di definire cosa si possa considerare “normalmente tollerabile” e cosa, invece, non lo sia. E, di certo, il momento del giorno in cui il rumore viene propagato è certamente importante per definire anche la tollerabilità del rumore stesso. È chiaro, per esempio, che un frullatore o un asciugacapelli acceso puntualmente alle 3 di notte può essere molesto più di quanto non lo sia a mezzogiorno.

 

In genere, il giudice nomina un consulente tecnico che, con una perizia fonometrica, valuti se un determinato rumore sia tale da recare disturbo ai condomini.

Secondo tuttavia la Cassazione, la perizia non è necessaria e il giudice è libero di basarsi su altri elementi acquisiti come prove agli atti del processo, se questi sono sufficienti a convincerlo che vi sia stato il superamento dei limiti di tollerabilità [1].

 

La valutazione del criterio della normale tollerabilità viene, di norma, effettuata con parametri riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti.

È del tutto irrilevante l’eventuale assuefazione di altre persone, che abbiano giudicato non molesti i rumori stessi.

 

In ogni caso, si ritiene che i rumori o i suoni provenienti da altre unità immobiliari si possano considerare di disturbo delle normali attività materiali e intellettuali quando superano il rumore di fondo riscontrabile in una data abitazione di oltre tre decibel [1].

 

Quello dei “tre decibel”, dunque, è l’unico riferimento certo che le aule dei tribunali conoscono. Peraltro va anche considerata, in questo, la consistenza delle pareti dello stabile che potrebbero certo agevolare, se non insonorizzate correttamente, la propagazione dei rumori.

 

Attenzione: il numero dei soggetti “disturbati” è un elemento essenziale per comprendere se scatta il reato di disturbo del riposo delle persone o meno. Infatti, se i rumori intollerabili disturbano una cerchia indeterminata di persone allora scatta il penale (per es.: sarebbe difficile stabilire, in un centro storico, quante famiglie possano essere disturbate da un locale notturno). Diversamente, quando le vittime siano una o più persone individuabili (per esempio i proprietari degli appartamenti confinanti) resta in piedi solo la tutela civilistica del risarcimento del danno.


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[1] Cass. sent. n. 3000/1997.

[2] Cass. sent. n. 10735 del 3.08.2001.

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Non esiste una norma di legge che individui orari prestabiliti entro cui va rispettato il riposo delle persone; salvo che il regolamento di condominio non disponga diversamente – stabilendo precise pause orarie entro le quali si considerano interdette determinate attività (come per esempio, le esercitazioni allo strumento musicale dei figli) – l’unico vincolo da rispettare, in qualsiasi fascia della giornata, è la cosiddetta “normale tollerabilità” dei rumori (o, per dirla con le parole del codice civile, le “immissioni rumorose”).

 

Ovviamente, in questo la legge lascia ampio spazio al giudice di definire cosa si possa considerare “normalmente tollerabile” e cosa, invece, non lo sia. E, di certo, il momento del giorno in cui il rumore viene propagato è certamente importante per definire anche la tollerabilità del rumore stesso. È chiaro, per esempio, che un frullatore o un asciugacapelli acceso puntualmente alle 3 di notte può essere molesto più di quanto non lo sia a mezzogiorno.

 

In genere, il giudice nomina un consulente tecnico che, con una perizia fonometrica, valuti se un determinato rumore sia tale da recare disturbo ai condomini.

Secondo tuttavia la Cassazione, la perizia non è necessaria e il giudice è libero di basarsi su altri elementi acquisiti come prove agli atti del processo, se questi sono sufficienti a convincerlo che vi sia stato il superamento dei limiti di tollerabilità [1].

 

La valutazione del criterio della normale tollerabilità viene, di norma, effettuata con parametri riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti.

È del tutto irrilevante l’eventuale assuefazione di altre persone, che abbiano giudicato non molesti i rumori stessi.

 

In ogni caso, si ritiene che i rumori o i suoni provenienti da altre unità immobiliari si possano considerare di disturbo delle normali attività materiali e intellettuali quando superano il rumore di fondo riscontrabile in una data abitazione di oltre tre decibel [1].

 

Quello dei “tre decibel”, dunque, è l’unico riferimento certo che le aule dei tribunali conoscono. Peraltro va anche considerata, in questo, la consistenza delle pareti dello stabile che potrebbero certo agevolare, se non insonorizzate correttamente, la propagazione dei rumori.

 

Attenzione: il numero dei soggetti “disturbati” è un elemento essenziale per comprendere se scatta il reato di disturbo del riposo delle persone o meno. Infatti, se i rumori intollerabili disturbano una cerchia indeterminata di persone allora scatta il penale (per es.: sarebbe difficile stabilire, in un centro storico, quante famiglie possano essere disturbate da un locale notturno). Diversamente, quando le vittime siano una o più persone individuabili (per esempio i proprietari degli appartamenti confinanti) resta in piedi solo la tutela civilistica del risarcimento del danno.


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[1] Cass. sent. n. 3000/1997.

[2] Cass. sent. n. 10735 del 3.08.2001.

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Non esiste una norma di legge che individui orari prestabiliti entro cui va rispettato il riposo delle persone; salvo che il regolamento di condominio non disponga diversamente – stabilendo precise pause orarie entro le quali si considerano interdette determinate attività (come per esempio, le esercitazioni allo strumento musicale dei figli) – l’unico vincolo da rispettare, in qualsiasi fascia della giornata, è la cosiddetta “normale tollerabilità” dei rumori (o, per dirla con le parole del codice civile, le “immissioni rumorose”).

Ovviamente, in questo la legge lascia ampio spazio al giudice di definire cosa si possa considerare “normalmente tollerabile” e cosa, invece, non lo sia. E, di certo, il momento del giorno in cui il rumore viene propagato è certamente importante per definire anche la tollerabilità del rumore stesso. È chiaro, per esempio, che un frullatore o un asciugacapelli acceso puntualmente alle 3 di notte può essere molesto più di quanto non lo sia a mezzogiorno.

In genere, il giudice nomina un consulente tecnico che, con una perizia fonometrica, valuti se un determinato rumore sia tale da recare disturbo ai condomini.

Secondo tuttavia la Cassazione, la perizia non è necessaria e il giudice è libero di basarsi su altri elementi acquisiti come prove agli atti del processo, se questi sono sufficienti a convincerlo che vi sia stato il superamento dei limiti di tollerabilità [1].

La valutazione del criterio della normale tollerabilità viene, di norma, effettuata con parametri riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti.

È del tutto irrilevante l’eventuale assuefazione di altre persone, che abbiano giudicato non molesti i rumori stessi.

In ogni caso, si ritiene che i rumori o i suoni provenienti da altre unità immobiliari si possano considerare di disturbo delle normali attività materiali e intellettuali quando superano il rumore di fondo riscontrabile in una data abitazione di oltre tre decibel [1].

Quello dei “tre decibel”, dunque, è l’unico riferimento certo che le aule dei tribunali conoscono. Peraltro va anche considerata, in questo, la consistenza delle pareti dello stabile che potrebbero certo agevolare, se non insonorizzate correttamente, la propagazione dei rumori.

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 [1] Cass. sent. n. 3000/1997.

[2] Cass. sent. n. 10735 del 3.08.2001.

 

Esiste una legge che stabilisce a partire da quale orario della giornata non si può più fare rumore dentro la casa in condominio?

 

Non esiste una norma di legge che individui orari prestabiliti entro cui va rispettato il riposo delle persone; salvo che il regolamento di condominio non disponga diversamente – stabilendo precise pause orarie entro le quali si considerano interdette determinate attività (come per esempio, le esercitazioni allo strumento musicale dei figli) – l’unico vincolo da rispettare, in qualsiasi fascia della giornata, è la cosiddetta “normale tollerabilità” dei rumori (o, per dirla con le parole del codice civile, le “immissioni rumorose”).

 

Ovviamente, in questo la legge lascia ampio spazio al giudice di definire cosa si possa considerare “normalmente tollerabile” e cosa, invece, non lo sia. E, di certo, il momento del giorno in cui il rumore viene propagato è certamente importante per definire anche la tollerabilità del rumore stesso. È chiaro, per esempio, che un frullatore o un asciugacapelli acceso puntualmente alle 3 di notte può essere molesto più di quanto non lo sia a mezzogiorno.

 

In genere, il giudice nomina un consulente tecnico che, con una perizia fonometrica, valuti se un determinato rumore sia tale da recare disturbo ai condomini.

Secondo tuttavia la Cassazione, la perizia non è necessaria e il giudice è libero di basarsi su altri elementi acquisiti come prove agli atti del processo, se questi sono sufficienti a convincerlo che vi sia stato il superamento dei limiti di tollerabilità [1].

 

La valutazione del criterio della normale tollerabilità viene, di norma, effettuata con parametri riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti.

È del tutto irrilevante l’eventuale assuefazione di altre persone, che abbiano giudicato non molesti i rumori stessi.

 

In ogni caso, si ritiene che i rumori o i suoni provenienti da altre unità immobiliari si possano considerare di disturbo delle normali attività materiali e intellettuali quando superano il rumore di fondo riscontrabile in una data abitazione di oltre tre decibel [1].

 

Quello dei “tre decibel”, dunque, è l’unico riferimento certo che le aule dei tribunali conoscono. Peraltro va anche considerata, in questo, la consistenza delle pareti dello stabile che potrebbero certo agevolare, se non insonorizzate correttamente, la propagazione dei rumori.

 

Attenzione: il numero dei soggetti “disturbati” è un elemento essenziale per comprendere se scatta il reato di disturbo del riposo delle persone o meno. Infatti, se i rumori intollerabili disturbano una cerchia indeterminata di persone allora scatta il penale (per es.: sarebbe difficile stabilire, in un centro storico, quante famiglie possano essere disturbate da un locale notturno). Diversamente, quando le vittime siano una o più persone individuabili (per esempio i proprietari degli appartamenti confinanti) resta in piedi solo la tutela civilistica del risarcimento del danno.


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[2] Cass. sent. n. 10735 del 3.08.2001.

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